Progreso, dove la pietra ricorda
Nella cittadina costiera di Progreso, a cinquanta chilometri da Mérida, prende forma un nuovo dispositivo culturale che si muove tra architettura, territorio e mito.
Il Museo di Geologia dello Yucatán, firmato dallo studio Estudio MMX, si inserisce all’interno del programma federale di miglioramento urbano, ma la sua identità va ben oltre le logiche dell’infrastruttura pubblica: è un gesto collettivo che si radica nel paesaggio e si lascia attraversare.


Pensato sin dall’origine come uno spazio pubblico aperto, il museo si articola come una grande piazza coperta a pochi passi dal mare, popolata da volumi severi che richiamano l’architettura sacra mesoamericana. Lontano da ogni intenzione mimetica, il progetto assume invece il linguaggio delle geometrie ancestrali per attivare nuove modalità di relazione tra il corpo e lo spazio, tra il visitatore e la materia.
Il riferimento all’universo Maya non è quindi solo iconico, ma si traduce in una spazialità scandita da pieni e vuoti, da percorsi inattesi, da un'alternanza calibrata di luce e ombra.
Realizzati in chukum, un intonaco naturale già in uso in epoca precolombiana, i prospetti contribuiscono a una continuità visiva con il paesaggio e garantiscono al tempo stesso durabilità e controllo climatico. La variazione nelle altezze degli edifici non è solo un riferimento alla topografia costruita delle piramidi, ma diventa anche strumento ambientale: frangivento, filtro solare, occasione di ventilazione naturale.
Nel Museo di Geologia di Progreso, l’architettura smette di essere contenitore e diventa piuttosto dispositivo atmosferico, luogo di sosta e di attraversamento, infrastruttura culturale e omaggio silenzioso a una storia millenaria che continua a sedimentarsi nel presente.