- INFO POINT
- Di Silvano Lova
- Stato: Edificio concluso
Trama di luce
Spazi espositivi e musealiNella provincia dello Zhejiang, a quasi 350 chilometri da Shanghai, sorge Songzhuang, un piccolo villaggio contadino aggrappato a un paesaggio di colline che sfiora i 400 metri di quota. La sua origine si perde nel XVII secolo, quando la comunità locale iniziò a costruire abitazioni compatte con la tecnica della terra battuta, ancora oggi riconoscibile nelle pareti brunite e nelle volumetrie essenziali delle case rimaste. Un patrimonio fragile e prezioso, sopravvissuto alle trasformazioni economiche e all’avanzare delle grandi metropoli.
In questo contesto rurale, nel 2024, lo studio cinese Team_Bldg ha ricevuto l’incarico di trasformare una casa degli anni ’90, ormai vuota e priva di valore architettonico, in un nuovo spazio culturale: lo Z Museum, commissionato dal gruppo Mountain Creations. L’obiettivo era ambizioso: creare uno dei primi musei dedicati all’arte contemporanea e digitale in un villaggio remoto, senza tradire il contesto e senza ricorrere a facili mimetismi.
Il progetto prende le mosse dalla consapevolezza del paradosso locale: l’edificio preesistente, estraneo per origine e materiali rispetto al tessuto storico, non poteva essere rimosso senza perdere una traccia della stratificazione del luogo. La scelta progettuale è stata dunque di trasformare la diversità in valore: non nascondere l’estraneità, ma esaltarla con un nuovo strato che dialoghi con la memoria del villaggio.
Un guscio intrecciato
La metamorfosi si manifesta attraverso una pelle di metallo che avvolge il volume originario: una maglia tessile composta da tubi rettangolari in alluminio, dimensionati 20 × 40 mm, disposti come fili su un telaio. Questo sistema modulare genera una superficie che cambia ritmo procedendo dal basso verso l’alto: alla base la trama è più rada e permeabile, permettendo il rapporto con il suolo e le aperture visive verso il villaggio; verso l’alto la maglia si fitta, amplificando la sensazione di chiusura e protezione.
La finitura alterna moduli bianchi e rossi, calibrati per modulare l’impatto cromatico: dal piano del villaggio l’edificio appare sobrio e non invadente, mentre dalla terrazza superiore si sperimenta una vibrante trasformazione cromatica che investe lo spazio della facciata come un sipario dinamico.
Il rivestimento non è soltanto un espediente estetico, ma opera anche come filtro climatico: protegge le superfici interne dall’irraggiamento diretto, regola la ventilazione naturale e crea un continuo gioco di ombre che arricchisce la qualità sensoriale degli ambienti. La pelle metallica definisce uno spazio intermedio, né interno né esterno, che incrementa il comfort e la resa espositiva delle sale.
A livello strutturale, l’intervento ha richiesto un consolidamento e una integrazione con la struttura esistente: la consulenza tecnica di GongHe Architecture Design Group ha assicurato che il sistema portante fosse compatibile con il nuovo carico e con le sollecitazioni imposte dalla nuova facciata. L’articolazione del tetto, articolata in quattro falde a quote diverse, è stata mantenuta e reinterpretata come prolungamento del ritmo della maglia esterna.
Percorsi e soglie
L’ingresso allo Z Museum è pensato come un passaggio rituale: non si accede direttamente dal corpo avvolto dall’alluminio, ma tramite una piccola struttura in terra battuta, un residuo della manualità costruttiva locale che funge da anticamera. Qui il visitatore si confronta con la materialità tradizionale—argilla, massa, penombra—prima di entrare nel mondo tecnologico e digitale delle esposizioni.
Dalla zona di accoglienza si snodano i percorsi espositivi sviluppati sui due livelli superiori del volume principale. Le sale sono volutamente minimali: pavimenti e pareti neutre diventano fondali per opere multimediali, installazioni immersive e proiezioni. Le aperture della facciata in alluminio sono disposte in modo da incorniciare porzioni di paesaggio (un albero, un tetto antico, la sequenza delle colline), trasformando la vista in un elemento compositivo delle mostre.
La sequenza culmina sulla terrazza superiore, un solarium articolato su più livelli che funge sia da ponte verso il paesaggio sia da spazio sociale. Qui la comunità può ritrovarsi: la terrazza è pensata come luogo di sosta, performance e incontro, un baldacchino che dialoga simultaneamente con la trama metallica e con le corti in terra battuta del villaggio.
Il Museo è sospeso
Lo Z Museum è un’architettura di contrasti: è giustapposizione consapevole tra il radicamento e la differenza, tra il linguaggio digitale delle opere ospitate e la materia antica che definisce il paesaggio. La scelta di sovrapporre un nuovo involucro—leggero, tessile, metallico—sopra la massa preesistente non vuole cancellare il passato ma anzi instaurare con esso un dialogo critico.
Il museo assume così il ruolo di laboratorio culturale in cui la comunità locale e i linguaggi internazionali dell’arte si incontrano. La pelle in alluminio, di giorno, produce un laboratorio di ombre e riflessi; di notte, con le proiezioni e le installazioni luminose, l’edificio si trasforma in un faro che dialoga con l’orizzonte e con il vuoto del villaggio.
L’architettura dello studio Team_Bldg si presenta come gesto di rigenerazione: non un intervento invasivo, ma una sovrapposizione che valorizza la stratificazione urbana. Attraverso materiali, ritmi e aperture, il museo non impone un’idea univoca di modernità, bensì apre uno spazio di incontro in cui la differenza diventa motore di rinascita.
In un contesto remoto come Songzhuang, dunque, l’edificio non è un monumento calato dall’alto, ma una presenza che accetta la propria diversità e la trasforma in occasione di dialogo e rinascita. Lo Z Museum, sospeso tra passato e futuro, diventa così esempio di come l’architettura contemporanea possa entrare con delicatezza in contesti fragili, generando nuove forme di partecipazione e rinnovamento.