Nel soffio della luce: nasce a Doha la moschea delle donne

Sul margine sabbioso della metropoli di Doha, dove dune e palme trasmettono un ritmo di tempo antico, sorge il nuovo Al-Mujadilah Center and Mosque for Women: un edificio che abbandona la mera monumentalità per costruire uno spazio intimo, luminoso, rivolto alle donne e al loro ruolo nei contesti religiosi e civici.
Il progetto, promosso da Sheikha Moza bint Nasser – in qualità di chairperson della Qatar Foundation – e firmato dallo studio Diller Scofidio + Renfro, segna un passo decisivo: la creazione della prima moschea contemporanea progettata appositamente per un’utenza femminile.
La struttura di circa 4.600 m2 si sviluppa attorno a un grande tetto ondulato che si estende come un lenzuolo bianco sospeso sul deserto. Tale copertura, caratterizzata da oltre 5.000 “pozzi di luce” – bocche di diametro ridotto che filtrano la luce abbondante del Qatar – modula la luminosità all’interno, creando un’atmosfera mistica e insieme accogliente. Il corpo del fabbricato ruota di 17° rispetto alla griglia urbana, per allineare la parete della qibla verso La Mecca, come tradizione richiede.
Nel cuore del progetto, l’aula di preghiera (circa 875–890 m2) ospita fino a 750 fedeli e in occasioni speciali – come il Ramadan – può estendersi fino a 1.300 partecipanti. La parete della qibla, ondulata e in acciaio-travertino, definisce due punti chiave: il mihrab e il minbar, resi visibili grazie a una luce zenitale che aleggia dall’apertura nel tetto.
Il tappeto, realizzato in lana della Nuova Zelanda e progettato su scala monumentale (assemblando il modello di un tappeto singolo in un’unica estensione), ridefinisce la geometria del rituale: ogni fila di preghiera è percepita come un tracciato riconoscibile.
Il programma va oltre la funzione esclusiva di culto: vi si trovano aule, biblioteca con oltre 8.000 volumi su storia islamica e storia delle donne, spazi polivalenti per eventi, workshop e dialoghi, una corte interna con due olivi che perforano il tetto e si protendono verso il cielo come simboli viventi di conoscenza che germoglia.


Un minareto reinterpretato – torre in rete d’acciaio alta circa 39 m, con altoparlanti che “ascendono” e “discendono” in un rituale meccanico cinque volte al giorno – richiama la tradizione in chiave contemporanea.
Il risultato è uno spazio che vuole essere rifugio e trampolino: rifugio dalla vastità urbana e dal caldo implacabile, trampolino per una partecipazione delle donne alla riflessione islamica contemporanea. Come ha osservato la critica d’architettura, è “gentilmente ondulato, sorprendente e generoso” nel suo contrasto con l’assetto urbano circostante.
In un gesto internazionale che incrocia lo spirito locale, Al-Mujadilah propone una visione nuova: l’architettura sacra al servizio della pluralità e della trasformazione.
Con l’apertura al pubblico avvenuta nel gennaio 2024 e una biblioteca inaugurata a novembre dello stesso anno, il centro è già operativo, e la speranza – condivisa dalla sua ideatrice – è che diventi modello: un luogo dove la preghiera e lo studio convivono, dove le donne non sono solo ospiti ma protagoniste.
In questo angolo di Doha, l’ombra del tetto fluisce leggera, la luce perforata si posa come brina sul tappeto e le olive sollevano le loro chiome verso l’infinito: Al-Mujadilah racconta che un nuovo capitolo, architettonico e spirituale, può essere scritto dalla bellezza e dall’accoglienza.










