Cinque cavalieri per il Louvre
Nel cuore di Parigi, in questa stagione in cui l’arte domanda un nuovo respiro (e quando il Museo è tornato in prima pagina per il clamoroso furto di gioielli), si apre una pagina che aspira a riscrivere la relazione tra il Louvre e il tempo: “Louvre – Nouvelle Renaissance”. È una promessa, meno che architettonica — piuttosto poetica — che evoca un museo che si rigenera, che si fa incontro e non barriera, che respira.
Il 10 ottobre 2025 è una data spartiacque: il Museo del Louvre ha reso noto che, ad esito di un primo vaglio, cinque raggruppamenti internazionali — selezionati tra oltre un centinaio di candidature — entrano nella seconda fase del concorso.

Questa selezione non è mera proclamazione: è invito a pensare un nuovo orizzonte per il museo più visitato al mondo. Il progetto complessivo – con radici artistiche, culturali, tecniche, ambientali e perfino digitali – si articola su due grandi fronti: il “Louvre – Grande Colonnade”, che ridefinisce gli accessi e rimodella la frontiera urbana, e il “Louvre Demain", che rinnova infrastrutture, sistemi, attrezzature.
L’eccellenza e la pluralità emergono nei cinque raggruppamenti selezionati, ciascuno portatore di una sensibilità e di una visione:
- AL_A / Amanda Levete (con NC Nathalie Crinière, Carole Benaiteau, VDLA e Atelier SOIL)
- Architecture Studio + Diller Scofidio+ Renfro (con scenografia affidata a DS+R e Atelier Brückner, muséographie da LAMAYA, paesaggio da TER)
- Dubuisson Architecture + SANAA, affiancati da Dan Pearson Studio per il paesaggio
- Sou Fujimoto Ateliers / Sou Fujimoto Architects, integrati con Ducks Scéno e Vogt Paysage per spazio e natura
- STUDIOS Architecture + Selldorf Architects / Scénarchie / BASE, con le varie competenze ripartite su scenografia, paesaggio e urbanismo

Tra questi nomi spiccano firme già note: SANAA, DS+R, Selldorf, AL_A. La partecipazione testimonia quanto il progetto sia ambizioso, quanto il Louvre richiami idee vaste e ardite.
Ogni raggruppamento si confronta con nodi complessi: redistribuire il flusso dei visitatori, restituire leggibilità alla grande colonnata orientale, scavare sotto la Cour Carrée per ospitare nuovi percorsi espositivi e – soprattutto – dedicare alla Gioconda uno spazio che trascenda il contesto attuale, affollato fino al limite.
La ragione profonda di questo concorso non è l’esibizione di una nuova estetica: è la necessità di un microrganismo vivo, il Louvre stesso, di rinnovarsi per il suo pubblico. Con circa 9 milioni di visitatori annui, la Pyramide di Pei mostra i limiti del suo disegno originario, pensato per un’affluenza molto più modesta. Il progetto si propone di “respirare” nuovamente, alleggerire le pressioni, restituire aria ai monumenti.
Laurence des Cars e l’architetto in capo François Chatillon ribadiscono la volontà di conciliare audacia e tutela del patrimonio. Il cantiere dovrà preservare la storia — pietra dopo pietra — mentre inserisce varchi moderni, invisibili o eloquenti, capaci di risignificare il rapporto tra l’edificio e la città che lo abbraccia.
Sul piano finanziario, l’investimento stimato per la parte contemporanea sfonda i 270 milioni di euro, mentre per l’intero programma la cifra evocata cresce ben oltre. Il progetto è sostenuto da Stato, mecenati internazionali e sponsor – ma l’equilibrio tra ambizione e realismo sarà messo alla prova.
Tra entusiasmi e timori, alcuni animano dibattiti nel mondo dell’architettura: le sfide tecniche dello scavo nel cuore di un monumento storico, le condizioni climatiche e di sicurezza per le collezioni durante i lavori, la gestione delle fasi transitorie. Ma queste sono anche le prove attraverso cui la “nuova rinascita” prenderà corpo.


La fase decisiva del concorso, avviata con i cinque finalisti, porterà alla scelta del vincitore attesa per l’inizio del 2026. L’orizzonte dei cantieri è ambizioso: completare l’opera entro il 2031, con la Gioconda dotata di un percorso espositivo espanso e il Louvre connesso alla città come non mai.
Sta per iniziare un viaggio in cui ogni architetto è chiamato a dialogare con il tempo, a cercare la linea d’unione tra antico e contemporaneo, tra memoria e visione. Se tutto andrà nel modo giusto, il Louvre che ne uscirà sarà un “museo della rinascita”, un organismo plasmato per accogliere il futuro con la gravità del passato, un luogo dove la civiltà s’incontra con se stessa.
E noi, come spettatori di questa trasformazione, assisteremo a una grande promesse: che un simbolo immortale sappia rinascere, non come monumento pietrificato, ma come soglia viva verso nuove esperienze estetiche.