Sembra Boeri, ma non è

L’Ibaté Building — torre residenziale pensata dal Studio Arthur Casas - sorge al centro di São Paulo, nello stato omonimo in Brasile, sfida la stereotipia del grattacielo con delicata fermezza (e qualche ingenuità di troppo).
Il lotto angolare, nel quartiere tranquillo di Vila Nova Conceição, segna il confine tra la frenesia urbana e la quiete domestica: un luogo di contatto in bilico tra scala metropolitana e ritmo umano. Da questo punto di equilibrio nasce una torre che non impone, ma dialoga; che non chiude, ma accoglie.
C’è da sottolineare che l’involucro del palazzo è onesto e primigenio: il calcestruzzo strutturale resta a vista, lasciando che la sua massa racconti la forza delle fondamenta e la verità del gesto architettonico. Una texture rigata, una pigmentazione calda: il materiale diventa pelle, capace di accogliere la luce e il tempo.
E non è un involucro sterile: le facciate si animano di verde, ricordando e richiamando (alla lontana) esperimenti di italica memoria. Giardini verticali — pensili — si insinuano fra le nervature del calcestruzzo, ammorbidendo la solidità architettonica e offrendo frescura, ombra e vita. Le terrazze perimetrali, larghe, inondate di vetro e metallo, circondano ogni unità abitativa, creando una continuità che fonde interno ed esterno, casa e cielo.
Ogni piano ospita una sola unità di circa 450 m², distribuita con cura per separare gli spazi sociali, intimi e di servizio; ogni appartamento gode di grandi aperture, ventilazione naturale e orientamento solare studiato — un’architettura che ascolta il clima, prima di imporsi su di esso.
Al piano terra, l’edificio non si chiude alla città: al contrario, si fa soglia. Un’“anteroom” vetrata — trasparente, aperta — accoglie il verde, l’arte, la luce. Una piscina, un foyer, una scultura in corten convivono in un’atmosfera che unisce comunità, eleganza e gentilezza urbana.


Dentro, la materialità persiste: calcestruzzo, legno, vetro, metalli caldi creano una tavolozza sobria ma accogliente. Il mobilio — selezionato tra nomi storici del design brasiliano — aggiunge un tono di artigianalità e memoria, evocando un dialogo tra modernità e tradizione.
Eppure Ibaté non è solo estetica: è consapevolezza. Il progetto adotta strategie sostenibili: ventilazione naturale, orientamento solare, verde che regola temperatura e ombre, pannelli solari per il riscaldamento della piscina, riciclo dell’acqua e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici. In un contesto urbano denso e complesso, Ibaté prova che il comfort non è sinonimo di consumo: è pensiero, è equilibrio.
Così la torre si erge: non come simbolo di fuga verso il cielo, ma come ponte — tra cemento e foglie, tra metropoli e natura, tra individualità e collettività. In ogni lastra, in ogni giardino sospeso, in ogni terrazza che abbraccia l’orizzonte, Ibaté offre un invito: abitare la città con rispetto, con eleganza, con coscienza.








