Un’altra perla sulla collana della Metropolitana di Napoli
Sono sempre le tre A alla base anche del concept e della progettazione esecutiva della nuova stazione Centro Direzionale di Napoli; le linee della metropolitana 1 e 6 sono, infatti, state concepite come un vero e proprio museo diffuso che si agglomera attorno alle varie stazioni, tutte progettate da architetti di grande valore internazionale.
Quali le 3A quindi? Arte, Architettura e Archeologia. Ogni architetto le ha interpretate secondo la propria sensibilità, ma tutte entro un alveo complessivo che fanno della Metropolitana di Napoli una delle infrastrutture più interessanti a livello mondiale.

Benedetta Tagliabue e il suo studio sono in ottima compagnia, dato che alle varie stazioni hanno lavorato (in rigoroso ordine alfabetico per non indispettire nessuno, ndr) Gae Aulenti , Mario Botta , Massimiliano Fuksas , Zaha Hadid , Alessandro Mendini, Eduardo Souto de Moura , Boris Podrecca, Dominique Perrault , Karim Rashid e Álvaro Siza.

La stazione progettata dallo Studio Tagliabue EMBT ha anche il complesso compito di intervenire su un’architettura ingombrante, quella appunto del Centro direzionale progettato negli anni ’70 da Kenzo Tange, cercando di ricucire il tessuto urbano con una sensibilità più adatta all’attuale sensibilità urbanistica e sociale della città di Napoli.
La nuova stazione si pone come fulcro del miglioramento della connettività tra quest'area e il centro di Napoli. I nuovi spazi pubblici che ospita consentono una vivibilità della piazza più adatta alla fruibilità anche con climi estremi; la grande copertura della stazione crea aree di sosta ombreggiate all'altezza della piazza, che attualmente è poco fruibile durante il caldo primaverile ed estivo perché completamente esposta al sole.
Le nuove aree verdi circostanti contribuiranno a controllare la temperatura. La copertura lascia entrare la luce naturale, conferendo alla stazione un carattere ibrido tra interno ed esterno, riducendo al contempo il costo dell'illuminazione artificiale durante il giorno. Le grandi volte della copertura in legno, così come la foresta delle travi di sostegno, si pongono in relazione e contrasto con i grandi edifici in acciaio e vetro di Tange, nell’ottica di un’architettura più inclusiva e a misura d’uomo, richiamando anche, almeno questa era l’intenzione originale, materiali della tradizione costruttiva napoletana.
Gli elementi di copertura avrebbero, infatti, dovuto essere realizzati in ceramica, soluzione scartata in fase esecutiva e sostituita da un manto in resina (per esigenze essenzialmente di rispetto dei budget di spesa). Anche le pavimentazioni in pietra vulcanica basaltica, molto più estese in una prima versione, nel progetto definitivo sono utilizzate in maniera meno intensa.