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- Di Redazione PL
Il Ritiro Doshi
Edilizia ScolasticaNell’angolo orientale del Vitra Campus a Weil am Rhein — quel crocevia architettonico dove si confrontano Ando, Gehry, Zaha Hadid e altri giganti — prende vita un progetto in bilico fra presenza e assenza: il Doshi Retreat, concepito da Balkrishna Doshi in dialogo con la nipote Khushnu Panthaki Hoof e suo marito Sönke Hoof, realizzato postumo dopo la scomparsa dell’architetto nel 2023. È allo stesso tempo primo progetto costruito da Doshi al di fuori dell’India e “ultimo gesto architettonico” del maestro.
L’architettura del ritiro non pretende di occupare spazio con orgoglio: piuttosto disegna una via, serpeggiante, lenta, che invita al trovarsi, al lasciare dietro il rumore, al cammino interiore. Il visitatore è guidato da un percorso sotterraneo che si snoda al di sotto del livello del suolo, costeggiato da muri in acciaio XCarb che catturano suoni, vibrazioni e silenzi.
Visione e genesi del progetto
L’origine del progetto affonda nelle conversazioni fra Rolf Fehlbaum (Chairman Emeritus di Vitra) e Doshi durante un viaggio in India. Fehlbaum, colpito da un santuario visitato nel Modhera Sun Temple, propose l’idea di una costruzione meditativa per il campus. Doshi accettò e, insieme alla nipote Khushnu e a Sönke, si avviò un percorso progettuale fondato su sogni, simboli, visioni: uno dei temi cardine era quello delle due cobras intrecciate, immagine onirica che avrebbe dato forma alla curvatura del percorso.
Khushnu Panthaki Hoof racconta che Doshi, in fase progettuale, si affidava spesso al disegno e alla scrittura prima che al tratto architettonico: “Prima scriveva, poi guidava la forma”. Dopo la morte di Doshi, Khushnu e Sönke hanno completato il progetto seguendo le indicazioni, i testi e gli appunti del maestro.
Struttura: percorso e spazio contemplativo
Il design si sviluppa come un cammino progressivo: il visitatore scende nel terreno, attraversa una successione di ambienti su pareti in acciaio che vibrano con suono diffuso di gong e flauto ceramico, incorporato tramite un sistema audio discreto. Le pareti metalliche modulano la risonanza e producono un dialogo tra architettura e corpo.
Il percorso culmina in una cella circolare dotata di vasca per raccolta delle acque, due panche semicircolari in pietra e un gong centrale. Il soffitto è parzialmente aperto al cielo; al centro un mandala in ottone battuto a mano rifrange i raggi in un gioco di ombre delicate.
Materiali e strategia costruttiva
L’acciaio utilizzato è XCarb, donato da ArcelorMittal, realizzato con un’alta percentuale di rottame e con energia da fonti rinnovabili.
I componenti principali includono piastre in acciaio Indaten weathering steel e profili HE220M, prodotti negli stabilimenti di Gijón e Belval. La prefabbricazione delle forme curvilinee è stata affidata a Ostseestaal. Il ritiro è posato su fondazioni a vite e ancoraggi minimali per preservare alberi e flora esistenti.
Simbolismo, suono e spiritualità
Alla base del ritiro c’è un immaginario ispirato alla filosofia kundalini: la forma intrecciata del cammino è una metafora del risveglio interiore. Il suono diventa catalizzatore, materia strutturale che dissolve la separazione tra architettura e corpo. Il mandala in ottone sospeso sopra la cella di contemplazione è il centro simbolico del cosmo interiore.
Il ritiro dialoga con il Conference Pavilion di Tadao Ando e con le altre architetture del campus. Il metallo evolve nel tempo, affermando materialità e mutazione. L’opera non impone, ma si insinua con delicatezza nel sito. Le ombre e la pioggia disegnano sfumature materiche sempre nuove.
Per Doshi , l’architettura era un ponte tra umano e natura, tra forma e spirito. Con il Doshi Retreat, questa visione si sposta oltre confine: non è un monumento, ma una liturgia della misura, una pausa meditativa in mezzo al circuito del design. L’opera ci ricorda che l’architettura non è solo fabbricare spazi, ma tessere relazioni con il corpo, il silenzio e il tempo che muta.

















